Stare dove bisogna stare

Devi “stare dove bisogna stare”.

C’è sempre un luogo dove una crisi umanitaria si sta consumando, dove le violazioni dei diritti umani sono costanti. Noi abbiamo scelto di stare in quei non luoghi chiamati confini, frontiere. Punti di transito dove il colore di un passaporto, un timbro o qualche migliaia d’euro possono fare la differenza tra chi passa legalmente, chi illegamente e chi non passa se non rischiando la vita lungo qualche sentiero di montagna, attraverso il mare o un fiume. I governi hanno giocato sulla pelle dei profughi e continuano a farlo. Ogni volta che i migranti tornano a far parlare di sé è solo per alimentare il dibattito politico di chi ha tutto da guadagnare e tutto da perdere: guadagnano voti i parlamentari, guadagnano lettori e follower i giornalisti e gli influencer che si occupano del tema. Mentre i migranti perdono anni di vita. I politici una frontiera o un porto chiuso non lo hanno mai visto ma sono disposti a parlare di qualsiasi cosa, purchè sia notiziabile. Così “i migranti” hanno perso la componente umana, perché è chiaro che il tema sia molto politico e riguardi le scelte dei singoli Paesi dell’Unione Europea e dei Paesi di transito. Ma è altrettanto chiaro che, mentre noi discutiamo di leggi, regole da rispettare, porti chiusi, muri e invasione, decine di migliaia di persone stanno vivendo un incubo lungo le barriere che abbiamo costruito attorno alla nostra fortezza, la Fortezza Europa. Gente che è in viaggio da mesi o, molto più spesso, da anni, alla ricerca di una vita dignitosa, lontana dalle persecuzioni politiche, religiose, personali. O più semplicemente perché dopo secoli di colonialismo, della loro terra d’origine è rimasto poco o nulla, se non sta addirittura svanendo a causa dei cambiamenti climatici. Noi continueremo a stare dove bisogna stare. Continueremo ad abitare le frontiere dell’umanità.

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